Fino alla fine. Till the end!
1952, Helsinki. Emil è lì, senza grazia, perché se non l’ha imparata in 30 anni non la può imparare nel giro di una notte. Ma tant’è. Perché la sua vita è fatta di lavoro in una fabbrica di scarpe e di poco altro. Perché se nasci a cavallo di una guerra mondiale impari a fare i conti con la sostanza più che con l’apparenza. La vita è un po’ diversa da un concorso di bellezza. E Zátopek lo sa.
Ha disputato la sua prima gara a 18 anni, sotto gli occhi vigili del suo capofabbrica e fino a quel momento non si è mai allenato, ma lui è uno che va in fondo alle cose. Arriva secondo in quella corsa organizzata nel paese in cui vive, in Cecoslovacchia. Ma quel giorno vuole di più.
Perché in quel 1952, a Helsinki, corre alle Olimpiadi. Alcuni giorni prima ha vinto la medaglia d’oro nei 5.000 metri, la sua distanza. Due giorni dopo ne ha vinta un’altra, stavolta nei 10.000. Due ori in pochissimo tempo. Ma se la grazia non la impari nel giro di una notte, in una notte puoi prendere una decisione che passerà alla storia: senza aver mai corso una maratona in vita sua, Emil si presenta lì, ai nastri di partenza. È’ il 27 luglio 1952.
Chissà se prima di partire avrà pensato a quella gara corsa a Berlino, nel ’46. Quella volta era bloccato a Praga e di perdere la possibilità di correre la sua prima gara internazionale era un’ipotesi che nemmeno lo sfiorava. Le ferrovie erano messe male e portavano ancora i segni della guerra. Allora salì in bici e pedalò per più di 350 km per arrivare a Berlino in tempo e gareggiare.
Mancano ancora pochi minuti e poi si parte: 42.195 metri. Si guarda le scarpe. Sono molto diverse dagli stivali da guerra con i quali era solito allenarsi. A lui, che correva sulla neve con ai piedi quegli scarponi che pesavano come due mattoni, gli scarpini da corsa sembrano due piume.
Gira lo sguardo. Al suo fianco c’è Jim Peters, uno tra i più forti al mondo su quella distanza.
Pronti, via! Zátopek sta correndo la sua prima maratona ufficiale. Al 19° chilometro si trova ad affiancare due grandissimi atleti: quel Peters che corre con quella grazia che a lui manca e lo svedese Jansson, un altro che va forte. Emil, con quel modo goffo di correre che pare portare sulla schiena un sacco di patate e le braccia che si muovono scoordinate sbuffa e dice ai due: “Non stiamo andando troppo forte?”.
Peters lo sa. Il ritmo è alto ma gli risponde di no, che in realtà stanno correndo anche troppo piano. E quelle parole, per Zátopek sono fatali, perché, allora, accelera e sbuffa. Sì, lui, chiamato la locomotiva umana, scuote la testa e va. Peters lo segue ma dopo pochi chilometri cede il passo: ha i crampi. Emil invece continua a correre e a sbuffare, proprio come una motrice. Supera anche lo svedese Jansson e arriva dentro lo stadio tra gli occhi increduli del pubblico: vince la sua terza medaglia d’oro tagliando il traguardo con 6 minuti di anticipo rispetto al precedente miglior tempo olimpico.
Ha 30 anni, un’età avanzata, soprattutto per quell’epoca, e ha compiuto qualcosa di memorabile. Non ha avuto una vita facile – ma per chi lo era, durante la guerra – fatta di sacrifici, di prove dure e difficoltà da superare. Ma ha perseverato. E questo è uno degli insegnamenti che ricaviamo dalla sua storia.
Persevera. Anche quando non hai più speranza, continua a crederci. Anche quando pensi che ormai è troppo tardi, continua a crederci. Anche quando i risultati tardano ad arrivare, continua a crederci. Impegnati, dai il tuo meglio, persevera.
Non importa il modo in cui ci arrivi, purché sia lecito. E questo è il secondo insegnamento che possiamo ricavare da Zátopek. Perché il suo modo di correre era un insulto per gli amanti dell’atletica, ma di fronte alle critiche mosse al suo stile di corsa rispondeva: “Correrò con più grazia quando a vincere saranno i corridori dal bello stile”.
Agisci. Contano i risultati, fregatene delle critiche che ti saranno mosse. Troverai sempre qualcuno pronto a giudicare cosa fai e come lo fai. Ma solo tu conosci il tuo perché. Lascia stare chi è solo forma. Nello studio, nel lavoro, in famiglia ciò che serve è sostanza. Di filosofi-teorici, soprattutto nell’era di Facebook e Instagram, ne nascono ogni 24 ore (e muoiono più o meno con la stessa velocità). Ma tu diventa un filosofo-pratico, uno di quelli che pensa, dice e fa.
Anche quando la motivazione è bassa, quando le condizioni sono difficili e quando sei tentato di startene lì fermo, allenati. Come Emil correva sulla neve, con quelle scarpe pesanti come due mattoni e pedalava fino a Berlino pur di correre.
Allenati. Sempre, anche in condizioni difficili. Questo farà la differenza perché al momento opportuno ti servirà. Qualcuno – forse anche tu stesso – cercherà di demotivarti, di renderti le cose complicate e di farti mollare (il Peters di turno che dice a Zátopek che stanno andando troppo piano anche se non è vero) ma tu devi correre la TUA corsa. Questo conta. E per farlo al meglio allenati ogni giorno. Questo significa studiare, imparare, mettere in pratica ciò che impari dagli errori.