Bullo: Osserva. Ascolta. Respira.

C’è un ragazzino in paese, uno che vive in un condominio di venti appartamenti e che non va mai ai compleanni. Se vi state chiedendo il motivo, è molto semplice: perché la sua famiglia non ha soldi da spendere per i regali e lui si vergogna di arrivare alle feste a mani vuote.

C’è un ragazzino in paese, uno a cui piace giocare a calcio e che spesso viene lasciato in panchina dalla sua squadra. L’allenatore privilegia i figli dei genitori che vanno alle partite e lui ci va sempre da solo, con la bicicletta e una borsa pesantissima sulla schiena.

C’è un ragazzino in paese, uno che indossa vestiti di un paio di taglie più grandi perché a casa sua l’abbigliamento si compra “in crescita”: li potrà usare per più tempo, visto che il suo corpo diventerà più lungo e le spalle più larghe tra pochi anni.

C’è un ragazzino in paese e si chiama Lorenzo, uno che ha gli occhi scuri e profondi, e un bel sorriso a illuminargli il volto. Nonostante i suoi tredici anni e gli ormoni in subbuglio si lamenta poco. In fondo “c’è chi sta peggio di me” dice spesso a se stesso. E’ un ragazzino come un altro, uno che ha dei sogni che getterà nel cesso e altri che chiuderà in un cassetto o due. Forse, alcuni li realizzerà.

Capita che un giorno, un martedì di ottobre, quando gli alberi si spogliano e le giornate si fanno corte, questo ragazzino, Lorenzo, sente la voce di Marco, un compagno di classe…

“E’ un morto di fame. Non viene mai ai compleanni per non fare il regalo e se ci viene non porta niente. Arriva allo stadio con la bici: avete mai visto la macchina di suo papà? Sarà una carretta! E la maglietta che ha oggi? Vogliamo parlarne?”

Tutti ridono. Ridono talmente forte che quelle risa gli rimangono nelle orecchie per notti intere, togliendogli il sonno e qualcosa di più. Quel rumore è pesante da sopportare ma sono soprattutto quelle parole udite per caso che lo feriscono e lo cambiano.

“Morto di fame” pensa ogni sera prima di infilare la testa sotto le lenzuola e quando al mattino si tira sul dal letto.

“Morto di fame” pensa mentre fa colazione.

“Morto di fame” pensa quando pedala verso scuola.

Lorenzo prima soffre, in silenzio, e reagisce in modo inaspettato, poi. Sì perché in compagnia di quei suoi “amici” inizia a prendere in giro i più deboli. Qualche battuta, cose da ragazzi, dice a se stesso. Perché se è questo che serve per farsi accettare, lui lo fa. E lo fa anche con Sandra, una ragazza che parla poco, che non è di certo tra le più belle della classe se ti fermi all’apparenza. Peccato che ti perdi qualcosa a restare bloccato lì fuori: se la guardi dentro ti accorgi della sua meraviglia. E’ gentile, altruista, e rispettosa, per esempio. E poi è unica, come ogni persona del resto.

Già, è meravigliosa, e lei non sa ancora di esserlo, con quei vestiti larghi e scuri, i capelli tirati davanti al viso e lo sguardo fisso a terra di chi spera di nascondere la propria anima al mondo. E Sandra la custodisce gelosamente, come fosse l’oro della Federal Reserve: lì, rinchiusa, lei si sente al sicuro.

Lorenzo non si rende conto che ci sta andando giù duro con lei. La chiama brutta, “la muta”, troietta… Non capisce che ciò che dice le fa più male di un pugno sulla faccia, e per Sandra sono offese che feriscono e penetrano più profonde della lama di un coltello.

Il ragazzino ignora i danni che le sta facendo e improvvisamente diventa uno di “loro”. Arriva il riconoscimento sociale e lui si sente finalmente come gli altri: va ai compleanni e basta che metta la firma sui biglietti, “non serve che ci dai soldi per i regali” gli dice Marco un giorno.

Da quando è nel gruppo l’allenatore lo fa giocare un po’ di più e Lorenzo si prende qualche soddisfazione sul campo. Cresce anche di un paio di centimetri, le spalle s’ingrossano e quei vestiti sembrano meno abbondanti, adesso.

E pensa: “bastava qualche battuta e far ridere gli altri.” Ignora che le parole segnano la vita di chi le subisce, soprattutto quando la vita non è stata poi così gentile con queste persone…

Con il passare del tempo si dimentica di come si sta quando sei “invisibile”.

Un giorno incontra un uomo, un padre di famiglia che lo prende in disparte e gli dice: “E se tra qualche anno fosse tua figlia a tornare da te in lacrime per un’offesa?”

Il ragazzo corre a casa, va in bagno e si guarda allo specchio: ha sempre la stessa faccia da bambino, ma gli occhi sono bui. Ciò che vede gli piace davvero poco.

Passano degli anni. Due, forse tre, magari quattro. Anche se ha smesso con le prese in giro gli resta appicciata addosso un’etichetta: lui è il bulletto che offende le ragazze. Ci mette un po’ per ricostruirsi una reputazione. Più o meno qualche anno, tempo che gli serve per lavorare su stesso, mentre vede alcuni dei suoi amici sprofondare, attaccati a quell’etichetta che per alcuni di loro è forse esagerata ma per altri è davvero giusta e triste per ciò che fanno: i bulli.

Sandra intanto se la passa male e si rifugia nella scrittura. Pagine e pagine di diari dove almeno riesce a tirare fuori il dolore e a immaginare storie che la tengono a galla.

Qualcuno lo riferisce a Lorenzo. “E’ anche colpa mia” pensa buttandosi una secchiata di acqua gelida sulla faccia. E’ ciò che gli serve. Perché si risveglia e riprende in mano qualche sogno. Sì, ci vuole un po’, qualche battuta d’arresto e una maturità che impari solo se certe cose le vivi sulla tua pelle.

Ma vuole di più. E va avanti, più in profondità. Gli costa fatica ma lo vuole fare. Perché non gli basta guardarsi dal punto in cui si trova, e gli scalini della vita, li vuole percorrere tutti, fino in cima. Osserva, ascolta, respira. Questo gli serve e apprende.

“Morto di fame” sussurra un giorno guardandosi riflesso sul vetro di un auto. Comprende che aveva reagito a una specie di comando, usando una maniera sbagliata di agire semplicemente perché non sapeva qual era la cosa giusta da fare. Bastava pensare alle conseguenze, ma allora non lo sapeva.

Si rende conto di avere fatto agli altri esattamente ciò che gli altri avevano fatto a lui. E gli fa un male cane.

Da qualche parte legge una frase. “La vita non è quel che dovrebbe essere. La vita è ciò che è. Ma la differenza la fa il modo in cui decidi di affrontarla.”

Scorge una prospettiva diversa, mette a fuoco ciò che vuole diventare e per cosa combattere.

La luce torna a splendere e i brutti ricordi sbiadiscono. E’ un uomo nuovo e si trasforma in una persona che vale per davvero. Una di quelle che sanno cambiarti la vita. Mette su famiglia e dispensa amore. A chiunque.

Sono passati degli anni, venticinque per essere precisi, da quando un ragazzino gli aveva messo addosso un’etichetta che gli aveva tolto il sonno. Sorride al pensarci. Ora, gli piace ciò che vede allo specchio.

Il destino vuole che un pomeriggio di primavera incontri quella ragazza, Sandra. Chissà, per sbaglio o per scelta, poco importa. Ciò che conta è che capisce di essere ancora in tempo, che per fortuna non è finita male.

Sandra è cresciuta. Porta abiti più stretti e i capelli più corti. E’ una donna che cerca di inseguire i suoi sogni. Fatica ancora ad accettare i complimenti che le rivolgono e dentro di lei dorme il germe del rancore.

Soprattutto lei è ancora “viva” e Lorenzo finalmente la vede, la guarda, l’ascolta. E la sente.

Vorrebbe dirle “scusa per tutte le volte che…” Non riesce, lei gli fa cenno di tacere e tutto rimane lì, appeso a un filo invisibile. Ormai lo sa che quelle che per qualcuno sono solo parole, per qualcun altro sono affilatissimi pugnali, sassi tirati che lasciano qualche livido di troppo, minando l’autostima di una persona. Macigni che ti schiacciano. Armi che possono perfino uccidere.

Adesso che Lorenzo le è di fronte, Sandra si fa tentare dalla vendetta, di rispedirlo indietro in quel periodo, l’adolescenza, che per alcuni rappresenta il giardino dei sogni e che per altri si chiama inferno.

Glielo sta per dire, rendere pubblico il suo dolore e farlo sentire un verme. Apre la bocca e dice “Tu, Lorenzo. Tu…”

A guardarlo in faccia gli si legge negli occhi che sa di aver combinato un casino, quando aveva tredici anni.

Sandra allora si ferma: osserva, ascolta, respira. Non è poi così sicura che questo la renderà una persona migliore. Si rivolge alla rabbia di quel tempo e le dice che non le permetterà di continuare ad inquinare la sua vita. E’ una brutta amica da tenere al proprio fianco. Prende coraggio e lo fa. Abbandona il rancore e inizia a vedere qualcosa che prima non aveva considerato. Vede una ragazzina che evita di essere ciò che davvero è, che basa la sua vita su come vorrebbe apparire fuori anziché su quanto è bella dentro. Si ricorda di quando faceva di tutto per nascondersi, proprio come la Federal Reserve nasconde l’oro nel caveau.

E’ vero, quelle battute cattive hanno rischiato di ucciderla. Facevano male, molto male. Ma è proprio quel che “facevano” a mettere in moto l’ingranaggio. Quello è il passato.

Dice a se stessa che quelle parole, le ferite subite e le porte sbattute in faccia, in qualche modo oggi le sembrano una benedizione. Le pare assurdo eppure per alcuni funziona così: nel buio, in fondo al pozzo in cui ti spingono, trovi una luce. Nel suo caso la luce è stata la scrittura e un paio di buone amiche che non l’hanno mai abbandonata. Un’amicizia vera che lui, Lorenzo, non ha avuto.

Sandra scruta quell’uomo in piedi davanti a lei e per un istante rivede il ragazzino che è stato: un adolescente avvolto nella solitudine come lei, che sfogava l’ira sugli altri, incosciente del fatto che stava facendo del male anche a se stesso.

Allora sorride, lascia andare l’ultimo brandello di rabbia e dice:

“Ti ho perdonato Lorenzo, e dovevo farlo tanto tempo fa. Oggi so che eri una persona sola come me.”

Sono passati anni da quell’incontro e Sandra è riuscita a trovare una forza nuova. Ha capito che il vero cambiamento avviene dall’interno e che quando accade perfino il corpo si modifica. Ride pensando che è riuscita a tirare fuori il meglio di sé chiedendo aiuto proprio a quell’uomo che un tempo era stato un bambino “cattivo”.

Oggi Sandra è fonte d’ispirazione per molte persone. Ed è felice.

Da tempo Lorenzo ha scelto di sostenere e aiutare le persone a diventare migliori di ciò che sono e di vivere nell’amore.

Oggi insegna a usare un linguaggio consapevole, a rispettare gli altri e se stessi e a far dipendere la propria vita dal proprio comportamento.

 

Oggi Sandra e Lorenzo sono Amici.

 

Questa storia è finita bene. Purtroppo, spesso le cose vanno in modo diverso.

Usa le parole nel modo giusto perché esse hanno un potere immenso. Possono alzare un muro che divide, sparare un colpo che uccide o costruire un ponte che ci unisce agli altri.

Ricorda: la vita ti modifica di continuo. Ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Capitano molte cose e ciò che non dipende da te, ciò che non puoi cambiare con le tue azioni, non merita di essere trattenuto: lascialo andare. Migliorerà la tua vita.

Si dice che dietro ogni azione si nasconde un’intenzione positiva. Se la vuoi vedere devi solo cambiare prospettiva e attribuire un nuovo significato a ciò che ti accade. E’ un duro lavoro, e nessuno dice che sia facile. Ma è possibile.

Adesso tocca a te.

Dai il tuo meglio. Sempre.