In quest’epoca si parla molto di persone, ma si parla poco con le persone.

Quanti colloqui one-to-one hai programmato in agenda nei prossimi quindici giorni?

Quante riunioni di condivisione dei risultati dell’ultimo mese e delle proiezioni di breve e medio termine hai fatto nell’ultimo anno?

Quando ti sei seduto l’ultima volta a tavola con un tuo collaboratore e guardandolo negli occhi gli hai chiesto: “sei felice di lavorare con me?

Domande scomode, perché anche le aziende che più di altre parlano di persone, fanno poco, pochissimo, di concreto per instaurare un dialogo aperto, costruttivo e potenziante con loro.

La fiducia che si genera nella sana routine dei colloqui individuali è potentissima e i risultati che ne derivano sono straordinari. Eppure non c’è tempo per questo. Non c’è tempo per fa produrre le persone al 100% (o di più) e ci si accontenta, quando va bene, di un 70-80%.

Ma ti rendi conto del paradosso?

La noia e la frustrazione sono i due grandi nemici dei dipendenti di oggi. Te ne sei reso conto? Che domanda, no, altrimenti avresti già agito. Altrimenti avresti programmato colloqui individuali a cadenza regolare per capire. Altrimenti non staresti leggendo questo articolo.

L’azienda è un luogo dove le persone che la compongono dovrebbero trovare risposte, a patto che le domande siano quelle utili a migliorare la situazione in cui ognuno si trova: un progetto, un nuovo inserimento, un avanzamento, giusto per citarne tre.

E quindi perché spesso si fatica a trovare le risposte? Perché le domande non sono qualitativamente valide.

Ma lo hai capito che le vere risposte sono le domande?

tratto da “To be. To do. To get .” di Luca Novello, Ed.Ilmiolibro, 2023