#IORESTOACASA

Rispetto. Sicurezza. Libertà.

Immagina di avere a che fare con un incendio in una scuola, quella dove va tuo figlio. Un incendio bello grosso, s’intende. Arrivano tutti i pompieri disponibili nella zona e iniziano a domare le fiamme. Stanno seguendo la procedura alla lettera, e chiedono a tutte le persone, studenti, insegnanti, avventori, di fare altrettanto. In fin dei conti te lo hanno insegnato già all’asilo. Una campanella suona, scatta un allarme e si inizia a fare ciò che ti hanno spiegato e che hai provato durante le simulazioni di evacuazione antincendio (te le ricordi? Sono certo che almeno una volta nella vita hai avuto questa esperienza). Ma qualcosa sta andando storto. Qualcuno non ha seguito le istruzioni dei vigili del fuoco, sia tra gli studenti, sia tra gli insegnanti, sia tra i curiosi accorsi sul posto. Allora succede questo: una parte dei pompieri continua a cercare di spegnere l’incendio, una parte inizia a fare il possibile per quelle persone che stanno iniziando ad ardere come fiammiferi.

Alcuni bambini iniziano a uscire ordinati ma tuo figlio non c’è, il fuoco non si ferma, sta bruciando tutto, e c’è ancora qualcuno dentro alla scuola in fiamme.

Eppure le cose sembravano andare bene. La procedura ha sempre funzionato. Lo sanno bene, loro, che ci lavorano con il fuoco. Purtroppo qualcuno non ha ascoltato, ha fatto di testa sua, ha preso la questione un po’ alla leggera.

Ci scappa il morto. Più di uno, perché i pompieri hanno fatto di tutto, ma hanno dovuto dividersi tra lo spegnere l’incendio e il salvare le persone.

Scopri che tuo figlio non è tra le vittime. Ma c’è un suo amico, un bambino che abita a qualche centinaio di metri da casa tua.

Qualcuno critica. Qualcuno vuole il colpevole. Qualcuno se la prende con i fantasmi. Ma c’è qualcun altro che piange silenzioso: ha perso una persona che amava in quell’incidente.

Hai capito perché devi restare a casa? Un virus è invisibile, si propaga, miete vittime. Se ognuno fa ciò che va fatto allora assomiglia di più a un fuoco che si può spegnere con l’estintore o poco più. Pochi si bruciano, qualcuno riporta al massimo qualche scottatura. In molti si salvano. Ma se ognuno fa di testa sua, se sottovaluta la situazione, se non prende le precauzioni allora inizia il caos.

Questo virus forse non colpirà te. Forse non morirà nessuna delle persone che ami. Ma il Paese continuerà a bruciare. E in quell’incendio ci saranno ospedali, aziende, posti di lavoro. E chissà che altro.

Hai capito perché devi restare a casa? Anche se non lo vedi, un virus è come un incendio.

Avete ragione. Qualcuno potrebbe sostenere che non abbiamo una procedura chiara, che si poteva fare questo o fare quello. Che in altri stati si sta meglio, perché loro sanno cosa fare. L’erba verde attira sempre lo sguardo di chi passa davanti. Ma se entri in casa loro, forse capisci che invece dove vivi tu è ancora il posto migliore del mondo.

Lascia cadere le polemiche sterili. Ci sarà sempre chi si schiererà di qua o di là di questa o quella bandiera. Ma se tra quei bambini che non sono tornati a casa ci fosse una persona che ami, forse, la penseresti diversamente e le bandiere non sarebbero più tanto importanti.

Rispetto. Sicurezza. Libertà. Non è forse per questo che la maggior parte di noi si alza al mattino? Non è forse per questo che ti sgoli con le persone alle quali tieni di più? Non è forse per questo che protesti contro i soprusi?

Se ti dicono di fare la spesa una volta a settimana, ci vai una volta a settimana.

Se ti dicono di usare guanti e mascherina, usi guanti e mascherina.

Se ti dicono di stare a casa, resti a casa.

Due o tre o quando vuoi, non è una.

Tossire in faccia alle persone, non è seguire il buon comportamento.

Uscire 5 volte al giorno, non è stare casa.

Un mio amico mi ha spedito 250 mascherine da Shanghai. Le aspetto da 10 giorni. Un pacco che di solito arriverebbe in 3. È fermo in dogana, “faremo al più presto” rispondono al sollecito.

Cosa me ne faccio di 250 mascherine? Farò in modo di farle avere ai miei amici, ai famigliari dei miei amici, e loro magari le faranno avere ai loro vicini. Ci si da una mano, come facevano gli uomini delle caverne. Quelli che ci hanno permesso di essere qui oggi, di ottenere ciò che abbiamo. Di poter usare un telefono per “vedere”.

Avete ragione, è impegnativo vivere così. Immagino di tornare indietro nel tempo e di parlare con mio nonno, quello che non ho mai conosciuto. Quello che mio papà ha visto quando aveva già 5 anni. Che vuoi farci. I tedeschi lo avevo imprigionato e lui non aveva altro se non un po’ di cibo e una speranza.

Ecco, immagino di parlare con lui e raccontargli di questa nostra prigionia. E nell’immaginarlo un po’ mi vergogno.

“Ma non è solo questo: è per la giustizia! Perché loro stanno aperti e noi chiudiamo. Così moriamo.”

Avete ragione anche su questo. Giustizia. Treccani così recita: “Virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge.”

Forse, a volerla vedere con mente illuminata, è anche “fare la cosa giusta”.

Facciamola allora, questa cosa. Ciò che provi è lecito, nessuno può negarti di provare certi sentimenti riguardo a ciò che sta succedendo. Ma restiamo uniti. I bisogni primari sono quelli della sopravvivenza. Poi parleremo del resto. Un modo lo troveremo per ricostruirci dopo l’incendio.

Ora possiamo stare qui, a fare ognuno per sé e veder bruciare l’intera scuola, o vivere con quelle virtù, quelle più profonde, quelle più genuine.

Perché alla fine si tratta di questo. Di continuare a vivere con rispetto. Sicurezza. Libertà.